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di Federico Fuentes – 06 dicembre 2011
Un vertice di enorme importanza si è tenuto in Venezuela il 2 e 3 dicembre. Duecento anni dopo che i combattenti per l’indipendenza dell’America Latina hanno lanciato per la prima volta il loro grido di battaglia per un’America Latina unita, 33 capi di stato della regione si sono riuniti per formare la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC).
Per l’America Latina il vertice ha rappresentato un ulteriore passo via dal suo tradizionale ruolo di cortile di casa degli Stati Uniti e il suo emergere come attore per suo proprio merito della politica internazionale.
Risorse
L’importanza di questa nuova istituzione nella politica mondiale non può essere sopravvalutata. Il prodotto interno lordo complessivo dei paesi della CELAC la rende la terza maggiore potenza economica mondiale.
E’ anche sede delle più vaste riserve mondiali di petrolio ed è anche la prima e più grande produttrice mondiale di cibo e di energia, rispettivamente.
La CELAC, inoltre, cresce da esperimenti e organismi inter-regionali esistenti.
Essi includono l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR), il Consiglio di Difesa dell’UNASUR, la Banca del Sud (che attende soltanto l’approvazione del parlamento uruguaiano per dare alla vita una banca che conterà su 20 miliardi di dollari di progetti di sviluppo) e la creazione di meccanismi di scambio tra alcuni paesi che sostituiscono il dollaro con monete locali e nuove monete regionali.
Un’altra importante iniziativa di integrazione è l’Alleanza Bolivarista dei Popolo della Nostra America (ALBA), un blocco anti-imperialista di nove nazioni inizialmente formato, nel 2004, dai governi socialisti di Cuba e del Venezuela.
La CELAC esclude esplicitamente gli Stati Uniti e il Canada.
Tuttavia Cuba, che è stata esclusa dall’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) per aver osato sfidare l’impero statunitense e attuare una rivoluzione, non è stata inclusa ed è stata scelta per ospitare il Vertice CELAC del 2013. Il Cile è già stato scelto per ospitare quello dell’anno prossimo.
Alcuni stanno già sostenendo che la CELAC rappresenterà il chiodo finale sulla bara dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS), tradizionalmente dominata dai potenti vicini del nord.
Il presidente ecuadoriano Rafael Correa ha dichiarato il 29 novembre: “Crediamo di aver bisogno di un profondo cambiamento del sistema inter-americano, fondamentalmente latinoamericano, perché è chiara la forza gravitazionale degli Stati Uniti [all’interno dell’OAS].”
“Abbiamo bisogno di un altro sistema […] in cui discutere i nostri problemi nella regione, non a Washington [quartier generale dell’OAS], in cui le istituzioni che sono separate dalla nostra visione, dalle nostre tradizioni e dai nostri valori e bisogni, non ci vengano imposte.”
Lo stesso giorno, il vicepresidente della Bolivia, Alvaro Garcia Linera, ha dichiarato che il vertice rappresenterà “un incontro di popoli, a difesa del nostro destino, senza tutele, senza patroni, in modo che insieme possiamo trovare una soluzione ai nostri problemi, senza la presenza degli Stati Uniti.”
Indebolimento dell’impero
Il passo ha luogo in un momento in cui la potenza economica e politica degli Stati Uniti è in declino e l’Unione Europea è sull’orlo del collasso.
“L’America Latina è un continente in movimento che si confronta con un mondo in crisi,” ha affermato Garcia Linera. “L’America Latina è l’avanguardia del mondo quanto a idee, quanto a trasformazione, quanto a proposte al servizio del popolo e dell’umanità.”
Luis Bilbao, direttore della rivista America XXI, diffusa in tutta l’America Latina, in un articolo del 28 novembre ha affermato che la CELAC rappresenta “un’opportunità senza precedenti di fare della regione il punto di partenza di una nuova fase della storia dell’umanità.”
L’America Latina è in una posizione unica, considerato il contesto globale, contrassegnata da tre caratteristiche chiave: “Ha una dinamica di convergenza regionale mentre tutti gli altri [continenti] soffrono di violente forze centrifughe; sino ad ora, in conseguenza della recessione dei centri imperialisti, ha sofferto di meno; [e] all’interno di questo complesso eterogeneo convergente esiste un nucleo vitale che, di fronte al collasso del capitalismo […] ha alzato la bandiera del socialismo del ventunesimo secolo.”
Gli Stati Uniti hanno tentato tutto il possibile per bloccare la CELAC. L’ex presidente colombiano, Alvaro Uribe, una marionetta degli USA, ha fatto il tentativo più recente.
Un articolo del 28 novembre di Venezuelanalysis.com ha affermato che durante una visita per incontrare l’opposizione venezuelana di destra, Uribe ha sollecitato i suoi membri a diffondere una “dichiarazione pubblica” che denunciasse i crescenti rapporti tra Colombia e Venezuela.
Sotto Uribe le relazioni tra Venezuela e Colombia erano quasi degenerate in guerra. Uribe si è anche dato da fare per minare dall’interno i progressi dell’UNASUR.
Nonostante egli continui molta delle politica neoliberale e oppressiva di Uribe in patria, Venezuelanalysis.com afferma che il presidente colombiano Manuel Santos “ha adottato una posizione notevolmente diversa in politica estera, intesa a integrare la Colombia nelle organizzazioni regionali e a ristabilire relazioni bilaterali con altri paesi dell’America Latina.”
Questo non significa che il governo colombiano, o molti altri paesi latinoamericani, non seguano più i dettati USA in politica estera nella regione o che tutti concordino sul fatto che la CELAC dovrebbe automaticamente sostituire l’OAS.
Né significa che non ci siano differenze importanti su come affrontare la crisi economica globale e le guerre imperiali, come il recente attacco della NATO alla Libia.
Bilbao ha osservato che non ci si può attendere un’unica reazione unificata da parte della CELAC a queste enormi sfide, “tuttavia quel che è possibile è trovare un minimo comun denominatore”.
L’idea che il cortile di casa degli Stati Uniti crei il proprio vicinato per risolvere collettivamente i problemi, libero da interventi esterni, è un punto di partenza importante.
Il Venezuela fa strada
Che il vertice si sia tenuto in Venezuela ha rappresentato un doppio colpo per gli interessi statunitensi. Avendo scatenato una campagna incessante per distruggere la rivoluzione bolivarista venezuelana, il fatto che esso sia stato scelto per ospitare il vertice smonta le bugie diffuse da Washington e dai media delle imprese riguardo al fatto che il Venezuela sarebbe isolato nella regione.
Inoltre la presenza di un presidente venezuelano Hugo Chavez completamente ripresosi, il cui attacco di cancro all’inizio dell’anno aveva costretto a dilazionare il vertice da luglio, ha cancellato le speranze che i problemi di salute riuscissero dove il colpi di stato e i piani di destabilizzazione appoggiati dagli Stati Uniti contro il governo Chavez avevano fallito.
Chavez, invece, ha annunciato di essere pronto a candidarsi alla rielezione alla elezioni presidenziali del 7 ottobre dell’anno prossimo.
In risposta all’appello di Chavez di formare un “Grande Polo Patriottico” di partiti e movimenti sociali in appoggio alla sua rielezione su una piattaforma di approfondimento della rivoluzione, più di 32.000 organizzazioni hanno sottoscritto la campagna nel corso del periodo di registrazione di quattro settimane iniziato a inizio ottobre.
I sondaggi indicano il sostegno a Chavez a più del 50%. L’opposizione sostenuta dagli Stati Uniti resta incapace di raccogliere candidati in grado di sfidarlo seriamente.
In risposta, gli Stati Uniti stanno accelerando una grande campagna per cercare di evitare un nuovo mandato per le politiche anticapitaliste di Chavez.
La giornalista d’inchiesta Eva Golinger ha affermato, in un articolo dell’11 agosto su Chavezcode.com, che gli Stati Uniti hanno già stanziato 20 milioni di dollari per finanziare l’opposizione l’anno prossimo.
Un’altra tattica importante utilizzata consiste nell’accumulo e nella speculazione capitalista sui prezzi del cibo per provocare scarsità e peggiorare l’inflazione, che già viaggia sopra il 22% quest’anno.
Il mondo dei grandi affari ha usato questa tattica con successo per contribuire a sconfiggere il referendum del 2007 su una serie di riforme costituzionali proposte da Chavez, dando ai capitalisti la loro unica vittoria elettorale in 12 anni.
Il 27 novembre Chavez ha affermato che nei giorni scorsi la Guardia Nazionale Bolivarista ha sequestrato 127.000 chili di riso, 132.000 chili di farina, 256.000 chili di latte in polvere, 85.000 litri di olio vegetale, 246.000 chili di zucchero e 10.500 chili di caffè, tutti illegalmente ammassati da società private.
Una società interessata, l’italiana Parmalat, ha pubblicato una dichiarazione il 26 novembre su diversi giornali. Ha affermato essere “strano” che il governo abbia sequestrato 210.000 chili di latte in polvere dai suoi magazzini, visto che quel latte si presumeva destinato alla società di distribuzione statale, CASA, in base a un contratto firmato.
Chavez ha risposto il giorno dopo: “Abbiamo scoperto che la Parmalat ammassava il latte questo è tipico della borghesia … pensano che siamo pazzi o idioti … Signori della Parmalat, noi non siamo stupidi.”
Egli ha ordinato una indagine su vasta scala a carico della società e ricordò alla Parmalat che il suo governo ha il potere di espropriare la società, se continua a compiere azioni simili.
Nazionalizzazioni
Un articolo della Reuters del 14 ottobre ha citato dati forniti da Conindustria, una federazione industriale venezuelana, che mostrano che quest’anno sono state nazionalizzate 459 società. Da quando Chavez ha assunto il potere le imprese nazionalizzate sono stimate in 1.045.
Ciò ha assicurato che lo stato svolge un ruolo dominante in settori strategici quali il petrolio, l’elettricità, il cemento, l’acciaio, le telecomunicazioni e la produzione e distribuzione alimentare.
Il giorno dopo la reazione di Chavez la Parmalat ha pubblicato un’altra lettera aperta offrendo le sue “scuse più sincere” per aver mancato di “comunicare adeguatamente quel che è emerso” riguardo al latte in polvere.
Essa si è impegnata ad appoggiare il governo nel garantire che i bisogni del popolo siano soddisfatti.
La Parmalat non è l’unica società che Chavez ha ordinato di controllare. Egli ha indicato la Colgate Palmolive, la Pepsi Cola, la Heinz, la Nestlé, la Coca Cola, l’Unilever, la Glaxo Smith Kline e la Polar, la più grande impresa alimentare venezuelana.
Esse sono tra le società colpite dai controlli sui prezzi di 18 articoli alimentari, igienici e per la casa, in effetto dal 22 novembre.
Dal 2003 il governo ha imposto controlli sui prezzi di vari beni alimentari essenziali.
In base alla nuova Legge sui Costi e Prezzi Equi, il prezzi di 18 beni sono congelati sino a metà dicembre. L’organismo di nuova creazione, la Sovrintendenza Nazionale sui Prezzi e Costi Equi, verifica le imprese che producono tali merci per stabilire quanto costi realizzare il prodotto, al fine di fissare un prezzo di vendita ragionevole.
Dal 15 dicembre tale prezzo dovrà essere stampato sul prodotto. A quelli che non rispetteranno il regolamento saranno comminate sanzioni.
Un seconda fase inizierà a gennaio e riguarderà i medicinali.
Il 7 novembre Chavez ha dichiarato al canale televisivo statale VTV: “Non possiamo concedere ai grandi proprietari di attività e alle grandi imprese la libertà di continuare a saccheggiare le tasche dei venezuelani.”
La nuova legge, ha dichiarato Chavez, “è stata necessaria e ha formato parte di una strategia di intervento statale nell’economia che, a sua volta, è parte della transizione dal capitalismo […] al socialismo.”
Senza dubbio la battaglia tra la democrazia socialista e la dittatura dei mercati continuerà a riscaldarsi con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali.
Il risultato di questa battaglia avrà ramificazioni importanti non solo per il futuro del Venezuela, ma per quella della CELAC e del mondo.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
http://www.zcommunications.org/summit-in-venezuela-opens-new-phase-in-history-by-federico-fuentes
Fonte: New Left
traduzione di Giuseppe Volpe
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