Economia verde: affrontare la crisi economica
di Robin Hahnel
Dal 25 dicembre 2010 al 07 luglio 2011, una volta alla settimana, Z Communications ha pubblicato estratti dal più recente libro di Robin Hahnel ‘Economia verde: affrontare la crisi economica’ disponibile presso M.E.Sharp. Ulteriori informazioni sul libro e collegamenti per acquistarlo sono riportati in calce. Per praticità tutte le traduzioni sono state riunite in un unico articolo.
Introduzione (estratto)
Sfortunatamente non c’è alcuna magnifica sintesi per analizzare l’economia e l’ambiente. Ci sono utili intuizioni dell’economia tradizionale quando le sue teorie sono interpretate correttamente, e anche l’ecologia economica e diverse altre scuole eterodosse di pensiero economico offrono idee importanti. Comunque, ogni quadro teorico per analizzare i rapporti tra le nostre attività economiche e l’ambiente naturale rimane incompleto e difettoso. In conseguenza, non c’è una singola fonte cui attingere per chi cerchi di comprendere quel che è necessario per proteggere l’ambiente in modi che siano efficaci ed equi. ‘Economia verde’ non pretende di offrire la magnifica sintesi che, sfortunatamente, è ancora al di là della nostra portata. Comunque coloro che lottano per proteggere l’ambiente non possono permettersi di aspettare una simile magnifica sintesi. ‘Economia verde’ raccoglie intuizioni utili disponibili in molte fonti e dissipa miti debilitanti indipendentemente dalla loro origine …
Le tre brevi sezioni che seguono in questa introduzione offrono uno sguardo a dove l’economia tradizionale può essere utile, a dove l’economia tradizionale può essere fuorviante e a dove le idee eterodosse possono fornire importanti intuizioni ma anche creare confusione non necessaria.
Cosa sarebbe successo se 250 anni fa …gli americani avessero messo un prezzo alle emissioni carboniche? … Una significativa sottovalutazione e la dipendenza dai precedenti [‘path dependence’ nell’originale è espressione tecnica che indica, approssimativamente, la difficoltà di cambiamenti che non siano variazioni di modelli consolidati – n.d.t.] vanno molto in là nello spiegare perché il “re carbone” ha vinto l’energia solare negli Stati Uniti, portandoci nel 2007 a produrre il 48,5 % della nostra elettricità bruciando carbone ma solo lo 0,15 % attraverso fonti solari, termiche e fotovoltaiche.
Quando si fa la domanda sbagliata … si ottiene la risposta sbagliata … E’ per questo che coloro che modellano l’economia ambientale tradizionale possono concludere, sbagliando, che intraprendere ora misure forti per impedire il cambiamento climatico non sia “conveniente”, mentre gli scienziati che studiano il clima ci avvertono, correttamente, che non ridurre immediatamente e in modo importante le emissioni di gas serra sarebbe una stupidaggine. Quando la gente si sente in salvo e al sicuro ha senso valutare i costi e i benefici di fare qualcosa un po’ di più o un po’ di meno. E se è improbabile che certe conseguenze si verifichino, è buon senso ignorare queste conseguenze improbabili a patto che non compromettano i risultati più probabili. In effetti è questo che fanno coloro che modellano l’economia climatica tradizionale quando calcolano i benefici di evitare gli effetti di cambiamenti climatici da tenui a moderati, quali siano i più probabili e scontano tali benefici, poiché si verificheranno molti decenni in futuro, e quindi concludono che i benefici scontati non coprono il costo di significative riduzioni delle emissioni nel presente. Hanno risposto alla domanda sbagliata. Hanno ignorato il fatto principale, ovvero che in assenza di una reazione seria corriamo il rischio inaccettabile di scatenare un cambiamento climatico catastrofico e che sino a quando siamo al sicuro non possiamo permetterci di soppesare i pro e i contro del tollerare un po’ di più o un po’ di meno di modesto cambiamento climatico. Gli studiosi del clima hanno risposto alla domanda giusta, che è: “Quanto dobbiamo ridurre ora le emissioni per ridurre il rischio di un cambiamento climatico catastrofico a un livello accettabile affinchè possiamo sentirci ragionevolmente sicuri?”
Crescita di cosa? Gli economisti si sono a lungo prostrati all’altare della crescita economica. Se gli economisti avessero un motto, probabilmente sarebbe: “Una marea che sale solleva tutte le barche.” Non molto tempo fa un gruppo dissidente di economisti ecologici ha formulato una categorica contestazione di questo sapere convenzionale: “Una crescita infinita in un pianeta finito è impossibile”. Era una cosa da applausi a scena aperta ma la compagnia teatrale dello spettacolo dell’economia tradizionale vi ha prestato scarsa attenzione … Gli economisti ecologici hanno reso un grande servizio lanciando questa chiara sfida. Comunque è importante chiedersi “crescita di cosa?” quando si riflette su questo problema. Molto tempo è stato sprecato perché ci sono stati dialoghi tra sordi e si è parlato della crescita di cose molto diverse. Quella che gli economisti chiamano ‘produzione’ [throughput] e insistono correttamente a dire che non può continuare a crescere, non è la stessa cosa che il prodotto interno lordo della cui crescita parlano gli economisti tradizionali. Nello scontro chiassoso che ne è seguito, sono passati in secondo piano problemi importanti che abbiamo bisogno di approfondire.
Capitolo I (estratto)
E’ successo qualcosa lungo il cammino verso il ventunesimo secolo La teoria economica tradizionale si basa su un paradigma che risale al diciottesimo secolo e i critici sostengono che essa è parte del problema. Il mondo era un luogo molto diverso quando un filosofo morale scozzese vagava per l’Università di Glasgow in una specie di sonnambulismo riflettendo su pensieri che avrebbero lanciato una nuova disciplina economica chiamata “economia politica”. Quando Adam Smith pubblicò ‘Un’indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni’ nel 1776 c’erano meno di 800 milioni di persone che giravano per il pianeta ….
Non c’è da meravigliarsi che Adam Smith ritenesse che il valore delle merci e dei servizi fosse interamente determinato dalla quantità di lavoro che ci voleva per produrli e non abbia mai integrato nella sua spiegazione dei prezzi i costi di opportunità dell’uso delle risorse naturali. Nessuna meraviglia che non sia mai venuto in mente ad Adam Smith che potessero esserci effetti su persone diverse dai compratori e venditori derivanti dalla produzione e dal consumo di beni che scambiavano sul mercato. In un mondo ampiamente vuoto, né l’esaurimento delle risorse né gli effetti sui terzi avevano probabilità di essere una delle preoccupazioni principali di menti creative che cercavano di sbrogliare gli importanti misteri economici dei giorni loro …
Nel momento in cui questo libro viene stampato, circa 7 miliardi di persone affollano lo stesso spazio occupato da solo 800 milioni ai tempi di Adam Smith. Il mondo è diverso oggi. Ora è più pieno che vuoto e si penserebbe che il presupposto sottostante la visione del mondo (gestalt) che informa il nostro paradigma economico rifletta questa differenza. Ma, come evidenziano gli economisti ecologici, rimane, a suo danno, in larga misura un’economia da mondo vuoto con i nostri colleghi tradizionalisti che continuano a operare all’interno di un paradigma esplorato per la prima volta ben più di 200 anni fa …
Economia in un mondo affollato : limiti della crescita La pubblicazione, nel 1972, di un libro intitolato ‘Limiti della crescita’, commissionato dall’influente circolo di esperti del Club di Roma ha segnato un punto di svolta nel pensiero popolare ma non nel pensiero interno alla professione degli economisti tradizionali … La teoria tradizionale della crescita ha continuato a ignorare ogni limite imposto dalle risorse naturali non rinnovabili così come dalle risorse che sono rinnovabili ma solo a ritmi che sono spesso molto più lenti di quelli ai quali le economie mondiali le sfruttano …
Gli economisti ecologici, basandosi sulla loro visione di un mondo affollato, additano un problema ulteriore causato dai rifiuti. Proprio come un paradigma da mondo affollato sensibilizza i ricercatori riguardo ai modi in cui l’ambiente naturale è super sfruttato come fonte di risorse in quanto materia prima delle attività economiche, esso attira anche l’attenzione sui limiti della capacità della biosfera di servire da discarica per assorbire e immagazzinare, in modi relativamente innocui, gli scarti che sono il prodotto delle attività economiche. In effetti, il rapporto del Club di Roma suggeriva che gli essere umani fossero sulla via della morte per fame se avessero esaurito le necessarie risorse ambientali. Trent’anni dopo molti ambientalisti hanno cominciato a preoccuparsi del fatto che la gente possa asfissiare se stessa ancor prima, esaurendo anche più rapidamente la capacità della biosfera di fare da sua discarica.
Gli economisti ecologici hanno introdotto un concetto utile, che chiamano ‘capacità di trattamento’ (throughput), per riorientare la riflessione su come l’ambiente naturale limiti la crescita sia come fonte di risorse naturali sia come discarica di rifiuti. Il throughput viene definito come materia fisica di un tipo o dell’altro che entra nel sistema economico e materia fisiche che esce dal sistema economica come scarto di qualche genere. Come sottolineano gli economisti ecologici, poiché le scorte delle diverse categorie di risorse naturali sono finite, e la capacità della biosfera e dell’atmosfera superiore di assorbire scarti fisici di tipo diverso è anch’essa finita, il throughput non può crescere all’infinito …
Economia in un mondo affollato: le esternalità sono la regola, non l’eccezione C’è una seconda conseguenza importante del cambiare la nostra mentalità da quella basata sull’idea di un mondo vuoto a quella di un mondo affollato. Non solo le persone hanno maggiori probabilità di scontrarsi con i limiti del mondo fisico quando sono in più, le persone anche maggiori probabilità di scontrarsi l’una con l’altra quando sono 7 miliardi rispetto a quando erano solo 800 milioni. Passare dal paradigma di un mondo vuoto a quello di un mondo affollato rovescia un presupposto che è cruciale per ogni conclusione fondamentale e per ogni teorema economico relativi ai mercati e ai sistemi di mercato.
Una esternalità è definita come un effetto su ogni parte che non sia l’acquirente o il venditore di un bene o servizio, quando sono prodotti, scambiati e consumati. In un mondo vuoto è più ragionevole presumere – come principio generale operativo, o scelta di base – che le esternalità siano un’eccezione, non la regola … Le esternalità non sono state prese sul serio fino a quando la preoccupazione popolare per l’inquinamento – che la teoria economica definisce come esternalità negativa – ha portato al sorgere del moderno movimento ambientalista negli anni ’70, quando il mondo era molto più affollato. E tuttavia la teoria economica tradizionale continua a operare sotto il presupposto implicito che gli effetti esterni siano insignificanti, salvo che in pochi mercati, nonostante ragioni stringenti per pensarla diversamente …
Complessità dell’ecosistema Il mondo biologico si sta dimostrando molto più misterioso di quanto molti supponessero … Siamo ora abbastanza intelligenti da sapere eliminare una specie da un ecosistema può scatenare una reazione a catena coinvolgendo altre specie che sembravano esserne ben distanti. Ma questa nuova conoscenza ci rende spesso meno, non più, certi delle nostre predizioni. Anche quando i biologi abbiano ricostruito una lunga catena causale con molti collegamenti sorprendenti, ciò non fa che accrescere la consapevolezza di quante altre lunghe catene causali possano esserci di cui restiamo all’oscuro. Siamo ora sufficientemente in gamba da sapere che gli ecosistemi possono avere punti di innesco su cui gli effetti dell’applicazione di una pressione di un tipo o di un altro possono cambiare in modo drammatico. Sapendo che questi punti nevralgici esistono senza sapere come localizzarli ci rende soltanto meno sicuri della nostra capacità di predire i risultati. Siamo ora sufficientemente in grado di saper che anche se un sistema ecologico fosse deterministico senza elementi casuali, se è un compelsso sistema dinamico caotico, i risultati possono essere sorprendentemente sensibili a piccole variazioni delle condizioni iniziali, rendendo impossibili le previsioni a lungo termine. E, ovviamente, gli elementi casuali sono numerosi e aumentano molto la nostra capacità di prevedere le conseguenze. [sic – forse “aumentano la nostra ‘incapacità’ ….”? – n.d.t.]. Di nuovo, sapere di più ci rende soltanto meno sicuri delle nostre previsioni circa gli effetti delle interazioni umane sugli ecosistemi. Insomma, nel campo dei sistemi biologici un sapere molto maggiore ha reso umili quelli vi hanno prestato attenzione. Come vedremo, ‘lunghe catene causali, punti di innesco’ ed ‘effetti farfalla’ sono tutte espressioni che dovrebbero suscitare timore nel cuore di chiunque cerchi di applicare all’ambiente analisi di costi-benefici.
Capitolo 2 (estratto)
Affrontare la crisi economica – Analisi costi-benefici. Attenzione! Gli economisti tradizionali spesso danno l’impressione che l’analisi costi-benefici (CBA) non comporti giudizi di valore, mentre, di fatto, la CBA si basa su una quantità di discutibili giudizi di valore e pretendere che sia altrimenti serve soltanto a mascherare scelte importanti incorporate nell’analisi. Gli economisti tradizionale, inoltre, presentano la CBA come l’unico metodo razionale ed oggettivo per assumere decisioni sociali sull’ambiente quando, in realtà, ci sono molte situazioni nelle quali la CBA non è per nulla una metodologia appropriata. In particolare la CBA è inappropriata quando il risarcimento non è probabile bilanci le ingiustizie, quando le persone hanno dei diritti, quando le diversità di potere pregiudicano le stime dei costi e dei benefici, quando gli archi temporali sono lunghi e la scelta di un tasso di sconto è determinante in modo decisivo, quando la continuità è improbabile, quando i benefici sono difficili da quantificare e quando le conseguenze i risultati improbabili sono molto vaste rispetto a quelle di risultati più probabili …
L’attrattiva della CBA “Se i benefici di fare qualcosa superano i costi, quella cosa dovrebbe essere fatta. Ma se i costi superano i benefici, sarebbe un errore farla.” Cosa potrebbe essere più sensato? Cosa potrebbe essere più ovvio? La cosa ha il marchio di una “verità” che non necessita di spiegazioni. Si potrebbe anche proporla come una semplice definizione del comportamento razionale. E’ difficile immaginare un approccio più semplice alle scelte sociali e in realtà è precisamente questa l’attrattiva della CBA e uno dei motivi per cui è così difficili confutarla …
CBA e giudizi di valore Nonostante l’apparenza di oggettività, c’è una quantità di giudizi di valore dietro la CBA … Mentre il criterio di efficienza e la CBA possono spesso essere un modo “razionale” per l’approccio di una persona all’assunzione di decisioni, la società è, ovviamente, composta da molte persone diverse e da molti gruppi di interesse diversi … Ci saranno vincenti e perdenti se l’ambiente sarà protetto meglio, proprio come ci saranno sempre vincenti e perdenti se esso sarà degradato. In altre parole ci sono sempre questioni distributive e questioni di efficienza implicate nelle scelte di politica ambientale …
Anche se è possibili stimare accuratamente i benefici e i costi a livello quantitativo – il che non è assolutamente un compito banale – dobbiamo formulare il giudizio di valore che benefici e costi per persone e gruppi di persone diversi siano quantificabili e confrontabili. Dobbiamo formulare un giudizio di valore circa il peso da attribuire al benessere di diverse persone e gruppi. Infine dobbiamo formulare un giudizio di valore circa il fatto che non siano in discussione diritti individuali o di gruppo, in modo che la massimizzazione della nostra misura del benessere sociale sia l’unica cosa che conti …
Risarcimenti E’ lapalissiano che se i benefici aggregati superano i costi aggregati è possibile per quelli che beneficiano di una certa politica, continuando a mantenere benefici per sé, risarcire completamente per le loro perdite quelli che da quella politica sono svantaggiati. …
Il primo problema nel parlare dei risarcimenti è che troppo spesso si tratta solo di questo: solo di parlare. Sapendo che in teoria qualsiasi politica che superi il test CBA non necessita di danneggiare alcuno può alleviare la coscienza degli economisti, ma il risarcimento teorico che non viene effettivamente corrisposto non fa nulla per alleviare la pena di coloro che sono colpiti dalla scelta politica …
Ma c’è un secondo problema, del quale i progressisti sono spesso dimentichi, quando gli economisti parlano di risarcimento. Quando gli economisti parlano davvero di risarcimenti effettivi e non teorici, essi parlano soltanto dei risarcimenti per gli effetti redistributivi di una cerca politica. La discussione verte invariabilmente su se alcuni dei benefici per i vincenti saranno o meno trasferiti ai perdenti. Il presupposto operativi standard è che il completo risarcimento dei perdenti sia il massimo che chiunque possa sperare, e poiché le persone ragionevoli capiscono che il mondo non è mai perfetto, i perdenti dovrebbero essere lieti di accettare qualcosa di meno di un risarcimento pieno. Ma si noti che questo modo di pensare presuppone implicitamente che coloro che beneficiano di una certa politica meritino di impossessarsi dell’intero guadagno di efficienza derivante da tale politica! Questo modo di pensare non solo presuppone implicitamente che la distribuzione del benessere anteriormente alla nuova politica fosse equa, ma presuppone anche che coloro che una certa politica beneficia meritino di impossessarsi dell’intero guadagno di efficienza mentre gli altri non meritino benefici per niente …
Quando il tasso di sconto temporale è decisivo
I vantaggi del degrado ambientale si verificano tipicamente prima dei costi, mentre i vantaggi della protezione dell’ambiente invariabilmente si hanno dopo aver sostenuto i costi. Ciò significa che gli studi sui costi-benefici ambientali saranno sensibili al tasso di sconto temporale scelto dall’analista. Se un vantaggio o un costo viene trattato alla stessa maniera indipendentemente da quando si verifica non vi è “sconto” e il tasso di sconto temporale è zero. Tuttavia, se i benefici netti più in là nel futuro sono considerati meno importanti dei benefici netti nel presente, viene utilizzato un tasso di sconto temporale positivo e più alto è tale tasso di sconto tanto più incisivamente saranno scontati i risultati futuri rispetto a quelli più immediati. …
Si supponga di utilizzare la CBA per decidere se proteggere o meno i nostri pronipoti dal una perdita legata al clima di 100 dollari che essi soffriranno a sessant’anni da oggi. Secondo la CBA, quanto dovremmo essere disponibili a spendere oggi per evitare tale perdita tra sessant’anni? Se utilizziamo un tasso di sconto pari a zero dovremmo essere disposti a spendere 100 dollari oggi per i 100 dollari di vantaggio per i nostri pronipoti tra sessant’anni. Tuttavia, se utilizziamo un tasso di sconto dell’un per cento, la CBA dice che dovremmo pagare non più di 55 dollari. Se utilizzassimo un tasso di sconto del tre per cento la CBA ci direbbe che non dovremmo spendere un centesimo più di 17 dollari. Se usassimo un tasso del cinque per cento la CBA ci darebbe istruzioni di non spendere più di 5 dollari. Chiaramente l’importo che la CBA dimostra essere “razionale” spendere ora per evitare danni ambientali più in là è molto sensibile alla scelta di un tasso di sconto …
Quando la continuità è improbabile In teoria la CBA continua a essere applicabile anche se c’è un punto di inversione … ma faremmo bene a essere sicuri di dove si posiziona tale punto di inversione altrimenti rischiamo di commettere un errore molto grande. Si prende il caso delle emissioni di carbonio. Inizialmente, aumentando le emissioni, i vantaggi saranno significativamente più elevati dei costi il che lancerà un forte segnale che dovremmo continuare ad aumentare le emissioni. Ma quando c’è un punto di inversione questa forte indicazione di continuare a inquinare si manterrà esattamente fino al punto di inversione … Comparare i costi e i benefici dell’aumento di emissioni di carbonio per decidere se ulteriori emissioni sono “efficienti” può essere un modo disastroso di assumere questa decisione sociale.
Quando i benefici sono difficili da quantificare Per applicare la CBA abbiamo bisogno di sapere qualcosa di quantitativo circa i benefici della riduzione delle emissioni, e lì sta la fregatura. Mentre le stime quantitative dei costi della riduzione delle emissioni sono prontamente disponibili, tradurre in un singolo numero una lunga lista di modi diversi in cui la riduzione delle emissioni assicura benefici è molto difficile. E’ così difficile che molti disperano di poterci riuscire e concludono che solo un pazzo affronterebbe il compito di cercare di quantificare i benefici della protezione dell’ambiente …
La ragione più forte per quantificare i benefici ambientali anche quando è difficile, è che a meno che i benefici ambientali siano quantificati è molto difficile sostenere come e in quale misura dovrebbero essere soppesati rispetto ai costi che sono quantificati. Gli economisti ambientali utilizzano tre metodi principali per affrontare quello che riconoscono essere un difficile problema pratico. Ci sono situazioni in qui i risultati di questi metodi di quantificazione dei benefici ambientali ispirano fiducia e offrono così un motivo a prima vista forte per utilizzare la CBA, a condizione che non vi siano altri motivi per credere che la CBA sia inappropriata. Ma, come vedremo, spesse le “soluzioni” al problema della quantificazione non sono solide e ispirano poca fiducia. In questi casi, insistere nel procedere comunque, operando importanti scelte sociali sulla base di analisi CBA altamente discutibili è problematico, a dir poco.
Non tutte le incertezze sono create uguali Come dovremmo tener conto di eventi la cui probabilità di verificarsi è estremamente esigua? La risposta standard è che se la probabilità che qualcosa accada è abbastanza ridotta, dovremmo fondamentalmente ignorare tale evento. Questo è non soltanto pratico ma anche ragionevole se le conseguenze relative a eventi altamente improbabili sono di grandezza comparabile con le conseguenze di risultati molto più probabili.
Tuttavia, che dire se le conseguenze di un evento altamente improbabile fossero eccessivamente vaste, prossime ad essere incalcolabili? Si mettano insieme “incalcolabile” con “altamente improbabile” e sia avranno due motivi perché gli analisti ignorino quello che viene popolarmente definito un cigno nero, un evento che è altamente improbabile ma le ci conseguenze, se si verifica, sminuiscono le conseguenze di risultati più probabili. I cigni neri sono l’incubo che tutti vorremmo ignorare. Tuttavia, quando si cerca di proteggere l’interesse pubblico lungo diverse generazioni, si ignorano i cigni neri a proprio rischio …
Quando ci sentiamo sicuri, è ragionevole affidarci alla CBA. Quando ci sentiamo sicuri possiamo valutare i pro e i contro del fare un po’ di più di questo o di quello. Ma quando non ci sentiamo sicuri, quello che è sensato è sottoscrivere un’assicurazione. Quando la sicurezza è la nostra prima preoccupazione, è alla logica dell’assicurazione che dobbiamo rivolgerci, che è molto diversa dalla logica della CBA. In situazioni in cui la sicurezza è al primo posto qualsiasi argomento a sostegno dell’idea che il valore atteso della nostra polizza di assicurazione possa essere negativo sono fuori luogo.
Capitolo 3 (estratto)
Affrontare la crisi ecologica – Cosa diavolo è lo sviluppo sostenibile? E’ allettante cercare rifugio nelle parole dell’ex giudice della Corte Suprema Potter Stewart che, quando gli fu chiesto di definire la pornografia, diede la famosa risposta: “Oggi non cercherò di definirla, ma quando la vedo la riconosco.” Nel caso dello sviluppo sostenibile un’affermazione più modesta potrebbe essere: “Non sono sicuro di cosa sia, ma sono parecchio sicuro di cosa non è.” O potremmo tentare di zittire chiunque insista a premere per una definizione schernendolo: “Se ancora chiedi una definizione, stai ponendo la domanda sbagliata.” Infine, quando l’esasperazione diventa insostenibile, forse possiamo farci scappare la nuda verità: “Lo sviluppo sostenibile è ciò che vogliamo, scemo!”
Una definizione che funziona Una definizione dello sviluppo sostenibile che funziona? Se questo capitolo non dovesse servire ad altro dovrebbe almeno essere utile da chiaro ammonimento: “Attenti a cosa chiedete. Potreste ottenerlo!”
Sostenibile significa replicabile. Comunque gli esseri umani dell’era moderna non si sono accontentati della sopravvivenza o di ripetere le stesse attività, con gli stessi risultati, anno dopo anno. Ora noi, in genere, aspiriamo a di più. Speriamo di progredire e speriamo di progredire in diverse dimensioni. Penso che il termine sostenibile possa essere usato meglio come un avvertimento circa i pericoli che dobbiamo evitare nelle nostra ricerca del progresso se non vogliamo compromettere, in modo non giustificabile, le prospettive di coloro che verranno dopo di noi. In altre parole, la sostenibilità è alla fin fine una questione di equità intergenerazionale.
Se le prospettive della prossima generazione dipendessero soltanto da quanti semi di frumento dovessero utilizzare, in media, il tradizionale concetto economico di mantenere la riserva di semi sarebbe una condizione sufficiente di equità intergenerazionale. Quando la “riserva di semi” diventa zappe, aratri, trattori, oltre ai semi, diventa sufficiente l’idea che la riserva di capitale nel suo complesso debba essere assistere i nostri discendenti ad essere produttivi quanto lo siamo stati noi. Ma quando ragionassimo e ci rendessimo conto che il mondo si sta riempiendo velocemente, che le riserve procapite di diverse componenti del capitale naturale sono già scarse e si stanno riducendo rapidamente, le condizioni sufficienti di un’equità intergenerazionale diventerebbero più complicate e più stringenti. In realtà problemi metodologici associati all’aggregazione di diverse componenti della riserva di capitale, così come questioni pratiche di sostituibilità, divennero questioni problematiche non appena le zappe si aggiunsero ai semi di frumento. Ma questi problemi si sono fatti acuti quando ci siamo resi conto che le prospettive della prossima generazione dipendono da quanto capitale naturale avranno con cui lavorare nonché da quanto capitale prodotto le lasceremo. E poiché anche l’ambiente fornisce una varietà di servizi vitali di smaltimento che non si adattano perfettamente alla nostra metafora del capitale come esaltatore della produttività umana, è diventato più complesso il problema di definire come lo sviluppo – cioè il progresso umano – possa contemporaneamente essere sostenibile, cioè non compromettere la capacità delle generazioni future di proseguire lo sviluppo. E dunque ecco, di seguito, un tentativo di combinare in una definizione quel che oggi dovremmo sapere essere una faccenda complicata:
* PREMESSO che l’ambiente naturale fornisce servizi preziosi sia come fonte di risorse sia come smaltimento degli scarti di produzione,
* PREMESSO che la capacità di rigenerazione delle diverse componenti dell’ambiente e degli ecosistemi naturali ivi contenuti è limitata,
* PREMESSO che gli ecosistemi sono complessi, includono dinamiche di retroazione auto rafforzanti che possono accelerarne il declino, e spesso hanno soglie che per noi sono difficili da identificare con precisione,
* PREMESSO che superare importanti soglie ambientali può risultare irreversibile,
* PREMESSO che alcune istituzioni sociali sono simili agli ecosistemi naturali nel manifestare caratteristiche preziose e nel reagire imprevedibilmente agli interventi,
* NOI, la generazione attuale, ora comprendiamo che, nello sforzo di soddisfare i nostri bisogni economici più equamente, democraticamente ed efficientemente, non dobbiamo compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni e di continuare a progredire.
* In particolare NOI, la generazione attuale, comprendiamo che l’equità intergenerazionale esige che si lascino alle generazioni future condizioni almeno favorevoli quanto quelle di cui godiamo noi. Queste condizioni includono quelli che sono stati comunemente noti come capitale prodotto, capitale umano, capitale naturale, servizi ambientali di smaltimento, conoscenza tecnica, e fors’anche capitale sociale.
* Poiché il grado in cui i diversi tipi di capitali e servizi di smaltimento possono o non possono essere sostituiti l’uno con l’altro è incerto e poiché alcuni dei cambiamenti sono irreversibili, NOI, la generazione attuale, comprendiamo anche che l’equità intergenerazionale esige da noi l’applicazione del principio di precauzione riguardo a ciò che può essere un sostituto adeguato di alcune parti delle condizioni complessive che noi lasciamo deteriorare. L’onere della prova deve essere a carico di coloro che negli Stati Uniti sostengono che una risorsa naturale o un servizio di smaltimento, o una valida istituzione sociale che noi permettiamo si deteriori sotto i nostri occhi, siano totalmente ed adeguatamente sostituite da qualche altra componente dell’eredità che assegniamo ai nostri eredi.