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I lavoratori sfidano la grande industria alimentare

09 venerdì Dic 2011

Posted by Redazione in America, Economia, Jenny Brown

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Tag

agricoltori, Aramark, CATA, catena alimentare, cibo, cibo preconfezionato, concentrazione industriale, consumatori, Deathrice Jimerson, Diana Robinson, filiera alimentare, Food Chain Workers Alliance, Giornata Alimentare, industria alimentare, Jessica Choy, Joann Lo, LaShanda Bell, Legge USA sui rapporti di lavoro, Michelle Obama, Pomona COllege, precotto, sindacati, Sodexo, Stu Comen, supermercati, UFCW, UNITE HERE, Walmart

di Jenny Brown – 6 dicembre 2011

“Dai campi alla tavola” può suonare come una dottrina di buongustai, ma per i lavoratori della produzione alimentare in lotta per posti di lavoro decenti è un obiettivo organizzativo.

I lavoratori della filiera alimentare – nelle fattorie e nei supermercati, nei ristoranti e nelle caffetterie – cercano di far causa comune gli uni con gli altri e contro le imprese che gestiscono l’industria alimentare.

Gli approvvigionatori della grande industria come Walmart e Sodexo fissano indirettamente le paghe dei lavoratori dei campi che raccolgono la verdura fresca sotto il sole e dei magazzini che spostano le varietà surgelate fuori e dentro edifici privi di finestre.

Lo fanno fissando prezzi bassi e spremendo i fornitori, spingendo gli appaltatori a sottopagare i dipendenti dell’intera filiera.  Pungolano gli agricoltori e chi lavora il cibo a trovare scorciatoie in un sistema di produzione che premia la quantità rispetto alla qualità e l’aspetto rispetto al contenuto nutritivo.

La fusione delle imprese nel settore alimentare è diventata così estrema che il Dipartimento della Giustizia ha condotto l’anno scorso udienze d’indagine.  Le società cercano di controllare il cibo “dal gene allo scaffale del supermercato,” ha affermato un rapporto dell’Unione Nazionale degli Agricoltori, con cinque società che oggi controllano il 50% del mercato alimentare al dettaglio e quattro società che controllano l’85% della produzione della carne.

Joann Lo della Food Chain Workers Alliance [Alleanza dei lavoratori della filiera alimentare] dice che ciò significa che “i lavoratori devono essere uniti lungo l’intera catena alimentare”. La sua organizzazione riunisce gruppi di lavoratori agricoli, centri operai e sindacati.

I lavoratori dei supermercati delle sezioni del sindacato Food and Commercial Worker [Lavoratori del settore alimentare e commerciale] delle aree di New York e di Los Angeles partecipano all’Alleanza, così come il sindacato degli hotel e culinari UNITE HERE, Restaurant Opportunities Center, Warehouse Workers for Justice, la Coalition of Immokalee Workers in Florida e il Farmworker Support Committee (CAT) in New Jersey e Pennsylvania.

CIBO EQUO

L’Alleanza collega i lavoratori ai consumatori, promuovendo un nuovo interesse a cibi sani, coltivati localmente e sostenibili per sostenere occupazione sostenibile.

“Ti interessa il cibo che mangi?” chiede Diana Robinson della sezione 1500 dell’UFCW di New York. “Beh, permettimi di parlarti della persona che sta dietro al tuo cibo.”

Il lavoratori del settore alimentare dei campus hanno percepito  una paga media di 17.176 dollari nel 2010, secondo UNITE HERE, e il 28% dei cuochi vive in famiglie “alimentarmente insicure”, in cui il cibo nutrizionalmente adeguato e limitato o incerto.  Molti raccoglitori della Florida percepiscono tutto 45 centesimi per un secchio di circa 15 chili di pomodori, la stessa paga di decenni fa.

I collegamenti tra lavoratori del cibo e consumatori possono rendere nervosi gli amministratori. Al Pomona College a Claremont, California, l’amministrazione ha vietato agli studenti di parlare ai lavoratori della mensa, persino durante le loro pause.  Il divieto di parlare è arrivato una settimana dopo che i lavoratori avevano cucinato e consumato un pasto insieme con gli studenti come parte di una “Giornata alimentare” appoggiata dal sindacato a ottobre.

Ma quelli che si preoccupano di far arrivare cibo sano locale a comunità a basso reddito spesso non operano il collegamento con i lavoratori coinvolti nella produzione del cibo, ha dichiarato la Lo.

Quel collegamento è venuto in forte evidenza in gennaio, quando Michelle Obama, il cui tema chiave è il cibo sano, ha elogiato Walmart per la sua promessa di ridurre il sale e i grassi idrogenati nei suoi prodotti e di aprire negozi locali in quartieri sottoserviti.

I sindacati hanno controbattuto che Walmart è una delle cause principali della povertà, in quanto emargina i magazzini sindacalizzati che pagano meglio, spreme i suoi fornitori di cibo e paga i propri dipendenti così poco che per sopravvivere devono ricorrere a buoni alimentari.

I lavoratori del settore alimentare all’ultimo posto

Paghe basse e condizioni di lavoro dure sono ciò che si trova di fronte ogni lavoratore della lunga catena della produzione alimentare, dai lavoratori dei campi, ai confezionatori della carne, ai lavoratori dei magazzini agli addetti alle drogherie, ai cuochi e ai camerieri.

“Ci derubano delle paghe, ci trattano miserabilmente e ci derubano della dignità come niente fosse,” ha affermato Deathrice Jimerson, un ex dipendente di magazzino che ora è volontaria dell’organizzazione Warehouse Workers for Justice [Lavoratori dei magazzini per la giustizia] a sud di Chicago.

Gli agricoltori si stanno tuttora organizzando per tutele elementari del lavoro, mentre all’altro capo della catena, i lavoratori delle cucine alle dipendenze di società di servizi alimentari come la Sodexo e Aramark hanno lottato per più di un decennio per ottenere il riconoscimento del sindacato.

A motivo delle basse paghe i lavoratori del settore alimentare sono colpiti in misura sproporzionata da malattie legate alla nutrizione  (diabete, pressione e patologie cardiache) ha affermato Jessica Choy, una sindacalista di UNITE HERE in California. “I lavoratori sono colpiti non solo dove lavorano, da questo marcio sistema alimentare” ha detto.

A ottobre il sindacato ha organizzato “Giornate Alimentari” in dozzine di campus, dove studenti e addetti alle cucine hanno preparato e consumato insieme i pasti e hanno discusso.  UNITE HERE collega le sue spinte sindacali al crescente desiderio degli studenti di cibo da tavola calda che non sia sbobba industriale, preferita dalle istituzioni per tagliare i costi.

“Portare cibo confezionato a tanta gente che ha la passione di servire cibo alla gente è una specie di insulto” ha detto LaShanda Bell, una cuoca della Northwestern University. “Vogliano preparare le salse e i nostri piatti e produrre davvero il cibo con le nostre mani anziché sgelare, scaldare e servire.”

RISPECIALIZZARE LA CUCINA

I lavoratori del settore alimentare sindacalizzato a Yale sono riusciti ad opporsi con successo allo svilimento delle cucine e alla chiusura del loro forno.

Dopo che la Yale aveva firmato un contratto con la Sysco, una società di distribuzione alimentare, “siamo passati direttamente alle salse in scatola, al formaggio industriale, agli impasti in scatola per pizza” ha detto al giornale studentesco il cuoco Stu Comen.  “Eccoci qua, con il nostro camice da cuochi con su il nostro nome, ad aprire scatolette di salsa.”

I lavoratori, membri della sezione 35 di UNITE HERE, hanno fatto causa comune con gli studenti, organizzando assaggi ed esponendo liste degli ingredienti in modo che gli studenti potessero confrontare il cibo industriale precotto fornito dalla Sysco con quello prodotto dal forno della Yale.

Ora il college punta a ottenere il 40% del proprio cibo da fonti sostenibili nel giro dei prossimi due anni.

I lavoratori della mensa di Harvard, membri della sezione 26 di UNITE HERE, hanno ratificato a settembre un contratto che crea un comitato sindacale di gestione per attuare pratiche alimentari “ambientalmente responsabili”.

I lavoratori delle mense affermano che queste iniziative portano a maggior lavoro e anche a cibo migliore e più sano.  Ad Harvard ai lavoratori sono stati tagliati gli orari. Sperano di recuperare quelle ore con l’aumento del vero lavoro di cucina.

Trabocchetti al Pomona

Al Pomona College è stato più facile ottenere che la scuola passasse al cibo non preconfezionato di quanto lo sia stato ottenere il riconoscimento del sindacato.

Nella “Giornata Alimentare” il personale di cucina ha riferito che l’iniziativa del cibo sostenibile conquistata dagli studenti ha portato a un’accelerazione del lavoro in cucina anziché a maggiori ore o a maggiori posti di lavoro.

“Stanno riportando le competenze nel lavoro, aumentando il carico di lavoro e non tenendo conto che ciò può colpire i lavoratori” ha detto la Choy.

Più del 90% del personale di cucina ha firmato, a marzo 2010,  una petizione per un sindacato, ma il college non ha riconosciuto l’organizzazione, nonostante molte riunioni in cui l’amministrazione aveva promesso neutralità, promessa che, secondo i lavoratori, è stata infranta.

In efficaci video messi in rete dal gruppo, i lavoratori hanno dichiarato di essere stati licenziati per essersi ammalati, di essersi visti posporre cure mediche vitali a causa di scorrettezze dell’amministrazione e di non essere in grado di permettersi copertura sanitaria, che costa sino a 600 dollari al mese.  Alcuni lavoratori continuano a percepire meno di 12 dollari l’ora dopo vent’anni di servizio.

Nell’intera catena alimentare

L’Alleanza dei Lavoratori della Catena Alimentare sta utilizzando contatti tra lavoratori, tra lavoratori e agricoltori e tra lavoratori e consumatori per programmare una campagna più vasta, che ci si aspetta sarà lanciata l’anno prossimo, concentrare su un bersaglio imprenditoriale che può avere impatto sul lavoro dai campi alle tavole, ha dichiarato la Lo.

Ciascun gruppo di lavoratori predisporrà specifiche richieste, ha detto.  I gruppi stanno  compilando la loro  base di conoscenza dell’industria e i membri della coalizione stanno studiando modelli vincenti:

– I Warehouse Workers for Justice hanno utilizzato con successo l’indignazione della comunità per riottenere il lavoro a dieci dipendenti licenziati dai magazzini a sudovest di Chicago. Un distributore di cibi etnici accusa di discriminare i lavoratori latini ha ricevuto una lavata di capo dai leader della comunità che hanno minacciato il boicottaggio.

– In una campagna decennale, gli agricoltori e gli studenti della Florida hanno unito le forze per esercitare pressioni su marchi molto pubblicizzati come Taco Bell perché consentano a paghe eque per i raccoglitori di pomodori.  Hanno messo nel mirino altri marchi con marce, azioni nei campus e boicottaggi e sono ora concentrati sul distributore di specialità Trader Joe’s e sulla catena di supermercati della Florida, Publix.

Ma gli agricoltori possono ricorrere ai boicottaggi perché sono esclusi dalla legge USA sul lavoro.  I lavoratori che ricadono nell’ambito della Legge Nazionale sui Rapporti di Lavoro sono ostacolati dalle restrizioni legali sui “boicottaggi secondari” che prendono di mira un’azienda che non è il loro datore di lavoro diretto.

Nei campus gli addetti alle cucine normalmente lavorano per appaltatori come la Aramark, piuttosto che per la stessa università. Nei magazzini i lavoratori sono spesso a scadenza, molto giù lungo la catena della società con un marchio riconoscibile. Quando affrontati, i giganti industriali scaricano le responsabilità sui propri appaltatori.

Si sono conseguiti successi passando attraverso i vari livelli di subappalto per identificare dove sta il potere reale e poi trovando leve per attaccare direttamente quel bersaglio.  Creando collegamenti e una conoscenza più profonda di quello che è in gioco, i lavoratori della filiera alimentare sperano di attaccare la dimensione industriale e “costruire una campagna che combatterà per tutti noi nella filiera di fornitura che arriva sino alle tavole dei cittadini USA”, ha detto Jimerson.

 

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

http://www.zcommunications.org/workers-challenge-big-food-by-jenny-brown

Fonte: Labor Notes

traduzione di Giuseppe Volpe

© 2011 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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