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di Tom Hayden – 19 novembre 2011
Dopo l’espulsione forzata dei manifestanti del movimento Occupy Wall Street in molte delle principali città, i media svolazzano, con il Los Angeles Times che chiede: “Dove andrà ora il movimento Occupy?”. Il titolo del New York Times pone la stessa domanda: “Colpiti, i manifestanti di Wall Street affrontano una sfida per il futuro.”
Perché non pongono le domande seguenti: dove sta la riforma di Wall Street dopo otto settimane di massicce occupazioni e copertura mediatica? Quando agiranno i nostri politici? O ritengono che il loro compito consista nel ripulire gli spazi pubblici dai dimostranti?
Ora apprendiamo che almeno diciotto sindaci di grandi città possono aver cospirato per coordinare le repressioni contro i dimostranti. Si sarebbero dovuti usare i gas e le maniere forti con i giovani e forse mettere a rischio delle vite per soddisfare l’apparente richiesta degli sviluppatori e banchieri del centro di ripristinare la loro versione della normalità.
Il sindaco di Los Angeles, Antonio Villaraigosa, ha detto il 26 ottobre che l’occupazione di Los Angeles non poteva “continuare indefinitamente”. Qualcuno nei media dovrebbe chiedere formalmente l’agenda degli appuntamenti e delle chiamate telefoniche del sindaco – assieme a quelle dei diciassette capiservizio – per stabilire quando si sono verificate le conversazioni riguardanti le repressioni.
Villaraigosa è il capo dell’Associazione Nazionale dei Sindaci. In tale veste ha organizzato risoluzioni che chiedevano la fine della guerra in Afghanistan e il reinvestimento di miliardi per soddisfare i nostri bisogni cittadini. Si è pronunciato con coraggio contro le brutali iniquità della proposta di legge n. 13 della California, che, attraverso una scappatoia, affama il bilancio statale dell’istruzione mentre protegge i proprietari assenti dei grandi centri commerciali dei centri urbani.
Se Villaraigosa e gli altri sindaci possono mettersi al telefono per discutere dei presunti problemi dei dimostranti di Occupy, perché non possono, anche insieme con altri rappresentanti elettivi, prendere il telefono e lanciare una campagna per una nuova regolamentazione e riforma di Wall Street, ora che c’è un crescente sostegno del pubblico? Nel frattempo dovrebbero offrire sedi più sicure per i dissenzienti affinché continuino la loro permanente contestazione delle istituzioni finanziarie. I sindaci potrebbero persino guidare manifestazione nei propri quartieri finanziari.
Michael Bloomberg è stato il sindaco di Wall Street, non il sindaco dei cittadini di New York. E’ arrivata l’ora di un anti-Bloomberg.
I sindaci della nazione dovrebbero in primo luogo affermare che i problemi locali montanti delle Occupazioni non sono colpa loro, ma derivano da uno scandalo nazionale di Wall Street che colpisce le loro città con pignoramenti, fallimenti, disoccupazione e crescente frustrazione dei cittadini. Il disastro impone qualcosa di più che la gestione di una crisi urbana. Ci vorranno dibattiti e riforme nazionali. In secondo luogo dovrebbero sollecitare i loro senatori, le loro delegazioni al Congresso e il presidente Obama a cogliere l’opportunità di cambiamento che è cresciuta con le proteste. Come ha riferito Ron Suskind nel suo libro ‘Confidence Men’ [Truffatori], Obama ha descritto lo scandalo come “una crisi nata dalla mancanza di responsabilità dai corridoi di Wall Street alle stanze del potere a Washington.”
Specificamente, gli amministratori locali possono chiedere che il Congresso riveda immediatamente i compromessi della Legge di Riforma di Wall Street Dodd-Frank del 2010 che hanno avuto come risultato scappatoie a protezione dei derivati e dei fondi speculativi. Nel corso del dibattito del 2009-10, gli emendamenti progressisti dei senatori Blanche Lincoln, Carl Levin, Jeff Merkley, Sherrod Brown e Ted Kaufman sono stati assassinati. All’epoca il senatore Kaufman scrisse [1]:
La legge non si spinge abbastanza in là nell’affrontare il fondamentale problema del “troppo grandi per fallire”. Invece di erigere duraturi muri regolamentari come facemmo negli anni ’30, la legge investe di ulteriore discrezionalità gli stessi regolatori che non hanno prevenuto la crisi finanziaria e si affida a un regime di risoluzioni per sbrogliare con successo le complesse e interconnesse matasse delle megabanche impegnate in tutto il globo. Sono deluso dal fatto che previsioni chiave della riforma, come la norma Volcker e la regola Lincoln riguardante lo scorporo degli operatori in swap [contratti derivati atipici relativi a flussi, divise, merci, rischi di inadempienza (CDS, Credit Default Swap) – n.d.t.] siano state ridimensionate nel dibattito.
Il problema centrale era la proposta Lincoln di regolamentare trilioni di dollari di derivati, che avrebbe costretto le banche a scorporare la loro attività più redditizia, messo al bando ogni conflitto di interessi e le avrebbe obbligate a diventare fiduciarie. La maggior parte del mercato dei derivati è impenetrabile per il pubblico, operando in un’ombra nota come “pozzi neri” [dark pool – canali di scambio riservati per grandi operatori/transazioni, invisibili al pubblico – n.d.t.] senza collaterali, provocando rischi sistemici. Warren Buffet definisce i derivati “armi finanziarie di distruzione di massa”.
La legge è stata “scoraggiata” da scappatoie allora accettate come necessarie dal deputato Barney Frank e dal senatore Chris Dodd, con il sostegno della Casa Bianca. Frank disse all’epoca che la proposta del senatore Lincoln sui derivati “si spingeva troppo in là”. Lincoln avrebbe voluto che tutte le transazioni in derivate fossero scorporate dalle quattro banche maggiori, che controllano il 97% del mercato dei derivati. Questa storia di compromessi può spiegare l’esasperazione di Frank nei confronti dei critici nel corso della sua intervista del 18 ottobre a Rachel Maddow. Frank ha chiesto al movimento Occupy Wall Street “dove eravate?” durante le elezioni di medio termine, come se fosse il movimento quello da biasimare per non essere esistito quando egli permise che la sua legge fosse annacquata. Ha protestato: “Non so quale sia il comportamento di tutta questa gente quando vota, ma sono un pochino triste quando gente che l’ultima volta non ha votato dà a me la colpa delle conseguenze della sua astensione.”
Bene, Occupy Wall Street adesso c’è. Frank e i suoi alleati nel Senato controllato dai Democratici potrebbero introdurre immediatamente una legge che chiuda tutte le scappatoie del 2010 e porti la sua causa davanti al popolo statunitense, con l’appoggio dei sindaci che ora sostengono l’impatto della crisi.
Fu Larry Summers uno dei “migliori e più brillanti” del ventesimo secolo, a farsi strumento dell’elaborazione della legge del 2000 che deregolamentava i derivati, quando era Segretario al Tesoro sotto Bill Clinton. Summers, che ha diretto il Comitato dei Consiglieri Economici di Obama fino al 2010, è egli stesso un architetto di fondi speculativi.
Summers, comunque, ora non c’è più e il sentimento del paese è maturo per ulteriori riforme. La marea sta montando contro i politici orientati da Wall Street. Persino il senatore Repubblicano dello Iowa, Charles Grassley, votò a favore dell’emendamento Lincoln quando è stato sottoposto alla Commissione Finanze del Senato, dunque la difesa di Wall Street da parte dei Repubblicani schierati con la gente comune non può essere garantita. Ma se gli emendamenti falliscono nuovamente, il tema sarà al primo posto e al centro delle elezioni dell’anno prossimo. In parole povere, la domanda dovrebbe essere perché i derivati – e il capitale finanziario in generale – debbano essere deregolamentati a beneficio dei pochi in modo tale che il futuro degli Stati Uniti sia messo a rischio.
Occupy Wall Street ha cambiato il clima politico, rendendo possibile approvare le leggi contro l’intensa opposizione di interessi speciali. E ora di regolare e controllare Wall Street. Un governo che reprime dimostrante disarmati per proteggere il potere e la proprietà privati si avvia a una bancarotta politica e morale, non semplicemente economica.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: The Nation
traduzione di Giuseppe Volpe
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