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La formazione del 99% americano e il crollo della classe media
Di Barbara Ehrenreich
E John Ehrenreich
16 dicembre 2011
“Le classi nascono per caso quando alcuni uomini, come risultato di esperienze comuni (ereditate o condivise), sentono e esprimono l’identità dei loro interessi sai tra se stessi che contro altri uomini i cui interessi sono diversi (e di solito opposti) ai loro.”
E.P: Thompson, La formazione della classe lavoratrice inglese
Gli “altri uomini” (e, naturalmente le altre donne) nell’attuale allineamento della classe americana, sono coloro che fanno parte dell’1% della distribuzione della ricchezza: banchieri, gestori dei fondi di investimento, direttori generali che sono stati l’obiettivo del movimento “Occupiamo Wall Street”. Sono stati in circolazione per molto tempo, sotto varie forme, ma soltanto in anni recenti hanno cominciato a emergere come gruppo distinto e visibile, chiamato, in modo informale, i “super ricchi”.
Livelli fuori del normale di consumi hanno aiutato ad attirare l’attenzione su di loro: jet privati, dimore che si misurano in multipli di circa 170mq, cioccolatini da 25.000 dollari ornati con polvere d’oro. Fino a quando, tuttavia, la classe medie riusciva ancora a mettere insieme il credito per le tasse universitarie, e saltuari migliorie della casa, sembrava una cosa da ignoranti criticare i ricchi Poi è arrivato il crollo finanziario del 2007-2008, seguito dalla Grande Recessione, e l’1% ai quali avevamo affidato le nostre pensioni, la nostra economia, e il nostro sistema politico si sono rivelati come una banda di narcisisti irresponsabili, avidi e forse sociopatici.
Tuttavia, fino a pochi mesi fa, il 99% non era certo un gruppo in grado di (come dice Thompson) di esprimere “l’identità dei loro interessi.” Comprendeva, come anche adesso, la maggior parte dei “comuni” ricchi, insieme a professionisti della classe media, lavoratori delle fabbriche, camionisti e minatori, nonché molte delle persone più povere che fanno le pulizie nelle case, lavorano come manicure, e curano i prati dei ricchi.
Nel 99% non c’erano soltanto queste divisioni di classe, ma anche quelle più evidenti di razza ed etnia – una divisione che è diventata più profonda dal 2008. Gli Afro-Americani e i lavoratori di origine latino-americana di tutti i livelli di reddito hanno perso le case in maniera sproporzionata a causa del pignoramento nel 2007 e nel 2008 e poi hanno perso il lavoro in maniera sproporzionata nell’ondata di licenziamenti che è seguita. Alla vigilia del movimento “Occupiamo”, la classe media della gente di colore era stata già distrutta. In effetti, gli unici movimenti politici che sono sorti dal 99% prima che apparisse “Occupiamo”, sono stati il movimento Tea Party e, all’altra estremità dello spettro politico, la resistenza alle restrizioni
alla contrattazione collettiva in Wisconsin.
Il movimento “Occupiamo” non sarebbe potuto nascere, però, se larghe fasce del 99% non avessero cominciato a scoprire di avere degli interessi comuni, o, almeno, a mettere da parte alcune delle divisioni esistenti tra di loro. Per decenni, la divisione più stridente che veniva sostenuta all’interno del 99% era tra quelle che la destra chiama la “élite liberale”- composta di professori universitari, giornalisti, personaggi del mondo dell’informazione, ecc. e quasi tutti gli altri.
Come ha brillantemente spiegato l’opinionista di Harper’s Magazine, Tom Frank, la destra ha guadagnato la sua rivendicazione spuria al populismo avendo come obiettivo quella “élite liberale” che si suppone sia a favore delle spese avventate che fa il governo e che richiedono livelli oppressivi di tasse, che appoggia politiche sociali di “redistribuzione” e programmi che riducono le opportunità per la classe media dei bianchi, che riduce i posti di lavoro per la classe lavoratrice e promuove innovazioni stravaganti contro culturali come i matrimoni tra omosessuali. L’élite liberale, insistevano a dire gli intellettuali conservatori, guardava dall’alto in basso gli Americani “comuni” delle classe media e dei lavoratori, trovandoli insipidi e politicamente scorretti. La “élite” era il nemico, mentre i super-ricchi erano come chiunque altro, soltanto un po’ più “determinati” e forse forniti di contatti migliori.
Naturalmente la “élite liberale” non ha mai avuto alcun senso sociologico. Non tutti i professori universitari o i personaggi del mondo dell’informazione sono liberali (Newt Gingrich, Geoge Will, Rupert Murdoch). Molti manager colti e ingegneri di valore possono essere a favore del latte invece che della Red Bull, (bevanda commerciale energetica prodotta in Austria, n.d.T.)) ma non sono stati mai nel mirino della destra. E come potevano gli avvocati penalisti essere membri di quella élite nefanda, mentre le loro consorti esperte di diritto societario nelle industrie non lo erano?
Uno scivolo, non una rete di protezione
La “élite liberale” è stata sempre una categoria politica travestita da categoria sociologica. Ciò che tuttavia ha fornito una certa trazione all’idea di élite liberale, almeno per un po’, è stato il fatto che la grande maggioranza di noi non aveva mai incontrato un membro della vera élite, l’1% per la maggior parte si chiudevano nella loro bolla di aerei privati, comunità recintate e proprietà fortificate
Le figure importanti che la maggior parte delle persone ha più probabilità di incontrare nella vita quotidiana sono gli insegnanti, i dottori, gli assistenti sociali e i professori. Questi gruppi (insieme a dirigenti di medio livello e ad altri “colletti bianchi” che lavorano nelle grosse imprese) occupano una posizione inferiore nella gerarchia di classe. Hanno costituito quello che abbiamo descritto in un saggio del 1976 come la “classe dirigenziale professionale”. Come abbiamo scritto a quell’epoca, in base alla nostra esperienza dei movimenti radicali degli anni ’60 e ’70, ci sono stati dei veri risentimenti della classe lavoratrice verso i professionisti della classe media che la destra populista ha abilmente deviato verso i “liberali”, hanno contribuito in modo significativo alla precedente epoca nella quale la ribellione non è riuscita a costruire un movimento progressista duraturo.
Guarda caso, l’idea di “élite liberale” non è riuscita a sopravvivere alla depredazione ad opera dell’1% in questi ultimi anni. Da una parte è stata sommariamente eclissata dalla scoperta dalla vera élite di base a Wall Street e dei loro crimini. Paragonati a questa, i professionisti e i direttori di azienda, per quanto irritanti, erano soltanto delle persone meschine. Il medico o il preside della scuola potevano essere dispotici, il professore e l’assistente sociale potevano essere condiscendenti, ma soltanto quell’1% vi ha portato via le case.
C’era anche un altro problema inevitabile insito nella strategia populista della destra: anche nel 2000, e certamente nel 2010, la classe di persone che poteva qualificarsi come parte della “élite liberale”, era in una situazione sempre più precaria. I tagli al bilancio del settore pubblico e le riorganizzazione che si rifacevano alle grosse imprese stavano decimando i ranghi dei professori universitari che avevano stipendi decorosi, e che venivano sostituiti da professori a contratto che lavoravano con guadagni che gli permettevano soltanto di sopravvivere. Le società dei mezzi di informazione riducevano le redazioni e i bilanci editoriali. Gli studi legali cominciavano a trasferire i loro lavori di routine in India. Gli ospedali trasmettevano le radiografie a radiologi stranieri perché li pagavano poco. Si erano prosciugati i fondi per le iniziative senza scopo di lucro in campo culturale e nel pubblico servizio. Da questo l’icona del movimento Occupiamo: il laureato con decine di migliaia di dollari di debiti per ripagare il prestito studentesco e un lavoro pagato 10 dollari all’ora o nessun lavoro.
. Questo andamento di cose c’era anche prima del crollo finanziario, ma ci è voluto il crollo e le sue spaventose conseguenze per risvegliare il 99% a una vasta consapevolezza di comune pericolo. Nel 2008, l’intenzione di “Joe l’idraulico” (metafora dell’Americano della classe media) di guadagnare 250.000 dollari all’anno, era ancora minimamente plausibile. Dopo due anni di recessione, tuttavia, l’improvvisa mobilità verso il basso era diventata un’esperienza convenzionale degli Americani, e perfino alcuni dei più affidabili esperti di mezzi di informazione cominciavano ad annunciare che qualche cosa era andata storta nel sogno americano
Chi una volta era ricco ha perduto le proprie riserve di denaro mentre i prezzi degli immobili sono diminuiti vertiginosamente. I dirigenti anziani licenziati dalle ditte e i professionisti sono stati sconcertati quando hanno scoperto che la loro età li rendeva repellenti per i sgradevoli ai probabili datori di lavoro. I debiti per l’assistenza medica hanno avviato le famiglie al fallimento. Il vecchio detto dei conservatori : non è saggio criticare (o tassare) i ricchi perché tu stesso puoi essere uno di loro un giorno o l’altro, ha ceduto il passo alla nuova consapevolezza che la classe dove era soprattutto possibile che si sarebbe migrati non era quella dei ricchi, ma quella dei poveri.
E c’era un’altra cosa che molte persone della classe media stavano scoprendo: il tuffo verso la povertà poteva verificarsi a velocità vertiginosa. Un motivo per cui il concetto di un 99% economico ha messo radici prima in America invece che, poniamo, in Irlanda o in Spagna, è che gli Americani sono particolarmente sensibili al dissesto economico. Abbiamo poco come stato assistenziale per fermare la caduta libera di una famiglia o di un individuo. Le indennità di disoccupazione non durano più di sei mesi o di un anno, sebbene, in un periodo di recessione economica, questi periodi vengono estesi dal Congresso. Attualmente, anche con questa estensione, raggiungono soltanto la metà circa dei disoccupati. L’assistenza non è stata certo abolita 15 anni fa e l’assicurazione sanitaria è stata tradizionalmente legata all’occupazione.
In effetti, una volta che un Americano comincia a scivolare in basso, subentrano una serie di forze che aiutano ad accelerare la caduta. Si stima che un 60% di ditte americane ora controllano l’affidabilità creditizia dei richiedenti, e la discriminazione nei riguardi dei disoccupato è diffusa abbastanza da giustificare la preoccupazione del Congresso. Perfino la bancarotta è una posizione che ha un costo proibitivo e spesso è difficilissima da ottenere. Non riuscire a pagare le multe o le tasse imposte dal governo, può portare perfino, tramite una concatenazione di casi sfortunati, a un mandato di arresto o a essere iscritto nella lista dei precedenti penali. Mentre altre nazioni che una volta erano ricche hanno una rete di protezione, l’America offre uno scivolo unto che porta verso l’indigenza a velocità allarmante.
Dare un senso al 99%
Gli accampamenti di Occupiamo che hanno animato circa 1.400 città questo autunno, hanno fornito un vivace modello per il crescente senso di unità del 99%. C’erano migliaia di persone – forse non sapremo mai il numero esatto – di tutti che vivevano all’aperto, nelle strade e nei parchi, più o meno come hanno sempre vissuto i più poveri dei poveri: senza elettricità, riscaldamento, acqua o bagni. Mano mano sono riusciti a creare delle comunità autosufficienti.
Le assemblee generali hanno riunito una mescolanza mai vista prima di giovani che si sono laureati di recente, giovani professionisti, anziani, tute-blu licenziati, e molti dei senza tetto cronici per fare quelli che sono stati scambi per lo più costruttivi e civili. Quello che era cominciato come una protesta diffusa contro l’ingiustizia economica, è diventata un esperimento di vaste proporzioni di costruzione di una classe. IL 99% che poteva sembrare una categoria che si poteva auspicare solo pochi mesi fa, ha cominciato a essere fermamente decisa a esistere.
E’ possibile che l’unità che è stata coltivata negli accampamenti sopravviva quando il movimento “Occupiamo” si avvierà a una fase più decentralizzata. All’interno di quel 99% rimangono tutti i tipi di divisioni di classe, razziali e culturali, e anche la sfiducia tra i membri della ex “élite liberale” e coloro che sono meno privilegiati. Ci sarebbe da meravigliarsi se non fosse successo. L’esperienza di vita di un giovane avvocato o di un assistente sociale è molto diversa da quella di un operaio il cui lavoro può di rado permettergli il tempo le necessità biologiche in un intervallo per mangiare o per andare al bagno. I gruppi che in circolo suonano i tamburi, quelli del processo decisionale consensuale e le maschere continuano a essere elementi esotici per circa il 905. Il pregiudizio della “classe media” contro i senza tetto, alimentato da decenni di demonizzazione dei poveri fatta dalla destra, ha ancora molta presa sulla gente.
A volte queste differenze hanno portato a degli scontri negli attendamenti di “Occupiamo” – per esempio riguardo al ruolo di coloro che sono perennemente senza casa o sull’uso della marijuana a Los Angeles- ma, sorprendentemente, malgrado tutti gli avvertimenti ufficiali riguardo alla salute e alle minacce per la sicurezza, non c’è stato alcun “momento di Altamont”*, nessun incendio e quasi nessun atto di violenza. Stare insieme infatti, produceva delle convergenze inimmaginabili: c’erano appartenenti a ambienti confortevoli che imparava dai senza tetto come sopravvivere per strada, un illustre professore di scienze politiche che discuteva con un dipendente delle poste sul processo decisionale orizzontale in contrapposizione a quello verticale, militari in uniforme che comparivano per difendere gli occupanti dalla polizia.
La classe nasce per caso, come ha detto Thompson, ma nasce nel modo più decisivo quando la gente è pronta nutrirla e costruirla. Se il “99%” deve diventare più di un comportamento alla moda, se deve diventare una forza che cambi il mondo, alla fine dovremo inevitabilmente affrontare alcune delle divisioni di classe e di razza che vi sono insite. Dobbiamo però farlo con pazienza, con rispetto e sempre con un occhio alla successiva azione importante – la dimostrazione, o l’occupazione costruttiva, o la lotta contro i pignoramenti, fatte in base a quanto richiede la situazione.
* Nel dicembre dello stesso anno (1969), durante un concerto ad Altomont, California, Mick Jagger incita gli Heel’s Angels a provocare disordini che si concludono con l’uccisione di alcuni spettatori. Da http://www.scaruffi.com/vol1/stones.html
Barbara Ehrenreich,che collabora regolarmente ai TomDispatch, è autrice di: Nickel and Dimed: On (Not) Getting By in America (Pagati con gli spiccioli: come (non) tirare avanti in America) (ora nell’edizione fatta per il decimo anniversario e con una nuova postfazione).
P.S. http://www.feltrinellieditore.it/SchedaLibroRecensioni?id_volume=5000222 (n.d.T.)
John Ehrenreich è professore di psicologia alla StateUniversity di New York, al College Old Westbury. Ha scritto: The Humanitarian Companion:A Guide for International Aid, Development, and Human Rights Workers.
Questo è un articolo congiunto TomDispatch/Nation ed è pubblicato sulla rivista Nation
Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su TomDispatch.com, un weblog del Nation Institute, che offre un flusso continuo di fonti alternative, notizie e opinioni da parte di Tom Engelhardt, direttore editoriale, co-fondatore dell’American Empire Project, autore del libro : The End of Victory Culture (La fine della cultura della vittoria) e anche del romanzo: The Last Days of Publishing (Gli ultimi giorni dell’editoria). Il suo libro più recente è: The American way of War:How Bush’s Wars Became Obama’s (Haymarket Books) ( Lo stile bellico Americano: come le guerre di Bush sono diventate quelle di Obama).
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo –
Traduzione di Maria Chiara Starace
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